.Negli ambienti di lavoro (e anche nell'ambiente di vita) è impossibile evitare totalmente la presenza di sia pur minime quantità di agenti chimici o fisici potenzialmente nocivi per l'uomo.
Il medico deve d'altra parte ricordare il concetto attribuito a Paracelso secondo cui "tutto è veleno, nulla è veleno: soltanto la dose fa il veleno". In altri termini è biologicamente accettabile la possibilità che esposizioni dell'organismo estremamente basse possano essere tollerate senza effetto apprezzabile sulla complessiva omeostasi delle funzioni vitali.
Da anni medici del lavoro e igienisti industriali di tutto il mondo sono impegnati nella ricerca rivolta a stabilire i livelli massimi ammissibili nell'atmosfera degli ambienti di lavoro (concentrazioni massime tollerabilità) o in campioni biologici di sangue, urine, aria espirata (concentrazioni massime biologiche) che non comportino effetti indesiderati.
Per i tossici industriali più noti esistono oggi tabelle di concentrazioni massime accettabili negli ambienti di lavoro, genericamente indicate con la sigla MAC (Maximum Allowable Concentration), che vengono periodicamente aggiornate allo scopo di mantenere condizioni il più possibile sicure ai fini della salvaguardia della salute. Le tabelle più conosciute e più utilizzate nel campo dell'igiene industriale sono quelle e laborate dalla American Conlerence of Governmental IndustriaI Hygienists (ACGIH), proposte in base a criteri empirici, annualmente revisionate e riferite ai TLV (Threshold Limit Values, valori limite di soglia).
Per "valori limite di soglia" la ACGIH intende le "concentrazioni ambientali per le quali si ritiene che quasi tutti i lavoratori possono essere esposti giorno dopo giorno per tutta la vita lavorativa senza effetti dannosi". Tali limiti, quindi, rappresentano dei parametri al di sotto dei quali ci si attende un'assenza di effetti nocivi per la salute dei lavoratori esposti. A causa di ampie differenze di sensibilità individuale si ammette che una piccola percentuale possa avere, in queste condizioni, disagio o aggravamento di malattiepreésistenti o anche la comparsa di malattie professionali. Il concetto di limite tollerabile è quindi quello di valore di riferimento che non garantisce una sicurezza assoluta, ma una sicurezza per la maggior percentuale possibile di individui. L'esperienza ha dimostrato che molti valori di concentrazione massima erano stati stabiliti su livelli eccessivamente alti e negli aggiornamenti di questi ultimi anni si è assistito a una continua diminuzione dei valori massimi accettabili per quasi tutti i tossici industriali. In Italia sono applicati da molti anni i valori di concentrazioni massime tollerabili indicati dagli igienisti americani. Va ricordato che i limiti riportati sono da intendersi riferiti agli ambienti di lavoro e quindi applicabili per soggetti adulti, sani, esposti a questi valori per 8 ore al giorno e per 5 giorni alla settimana. Pertanto in nessun modo essi possono essere utilizzati per altri ambienti (ad esempio, ambiente domestico o inquinamento atmosferico in generale).
I limiti di riferimento sono il risultato di due momenti uno scientifico (che trae origine dai limiti indicativi delineati dai diversi studi scientifici), e l'altro economico-politico (che vaglia i dati scientifici in ragione dei fattori socio-economici). La valutazione scientifica si basa sull'aquisizione di dati derivanti da studi sperimetali (in vitro, in vivo animali o talora sull'uomo), studi epidemiologici. L'insieme di tali dati fornisce indicazioni sulla sostanza, circa:
- Proprietà chimico-fisiche |
- Tossicoicinetica |
- Tossicità acuta- subacuta - cronica |
- Mutagenicità |
- Cancerogenicità |
- Embriotossicità e teratogenicità |
Successivamente tali dati vengono elaborati valutando i limiti stessi del procedimento scientifico (basti pensare alle differenze esistenti nell'impiego dell'animale invece che dell'uomo), e considerando, quindi un fattore di sicurezza.
In sintesi i limiti tabellati non costituiscono un confine netto tra concentrazioni pericolose e concentrazioni sicure, ma debbono essere utilizzati come orientamento o raccomandazione per la prevenzione.
Esistono tre categorie, o classi di TLV:
1. Valore limite per temPi lunghi di esposizione (TLV-TWA: Time Weighed Average) = concentrazione media ponderata nel tempo per 8 ore lavorative e 40 ore settimanali alla quale i lavoratori giorno dopo giorno possono essere esposti.
2. Valore limite per tempi brevi di esposizione (TLV-STEL: Short Term Exposure Limit) = concentrazioni tollerabili per agenti capaci di produrre effetti acuti (irritanti, narcotici ecc.), che sono definite quali valori medi per esposizioni di durata pari a 15 minuti, che non devono mai essere superati anche se la media sulle 8 ore resta contenuta entro il TLV-TWA.
3. Valore limite per temPi brevissimi di esposizione (TLV-C: Ceiling,"tetto" ) = concentrazioni tollerabili per agenti capaci di produrre effetti acutissimi (potenti irritanti, tossici a effetto rapidamente mortale come l'acido cianidrico), che non devono essere mai superate.
La lista presuppone un assorbimento esclusivamente per via aerea: le sostanze dotate anche di capacità di penetrazione transcutanea sono indicate con il termine skin (cute).
Le concentrazioni atmosferiche sono di norma espresse in valori ponderali per unità di volume (mg/m3) o in valori volumetrici (ppm). Apposite formule permettono la conversione dall'uno all'altro valore.
Numerose considerazioni rendono consigliabile un'estrema prudenza nell'utilizzazione pratica dei valori riportati nelle tabelle attualmente proposte. Va ricordato in particolare che:
- appare estremamente difficile definire con esattezza la concentrazione alla quale il singolo lavoratore è effettivamente sottoposto (attualmente va estendendosi l'uso di campionatori personali che vengono applicati agli indumenti del lavoratore per tutta la durata del turno);
- l'azione tossica di molte sostanze varia notevolmente a seconda delle condizioni microclimatiche (ad esempio i vapori nitrosi aumentano la tossicità con umidità e temperatura);
-l'azione tossica può variare per una sostanza quando altre siano contemporaneamente presenti, per fenomeni di sinergismo (ad esempio polveri e vapori irritanti o miscele di solventi) o per interazioni con altre sostanze di uso non lavorativo (farmaci, alimenti);
- certe sostanze possono svolgere azioni più evidenti e altre più subdole, non considerate nella definizione del limite (ad esempio per l'ozono il limite è basato sull'azione irritante, ma l'ozono è anche mutageno);
- la continua introduzione di nuove sostanze nei cicli lavorativi rende di fatto impossibile un aggiornamento costante della tabella;
- per le sostanze cancerogene oppure potenzialmente attive non soltanto sull'individuo quanto sulla sua progenie, è pressoché impossibile stabilire un valore massimo accettabile: si deve eliminare la sostanza oppure garantire la completa e totale abolizione di ogni contatto con l'organismo umano. Tuttavia il concetto della "non soglia" per i cancerogeni oggi non è più considerato vincolante come in passato: effetti oncogeni dose-dipendenti sembrano non estrapolabili alle bassissime dosi, le lesioni chimiche a livello molecolare possono essere riparate, il sistema immunitario può svolgere un ruolo difensivo importante. Oggi si tende ad ammettere che possa esistere il "rischio zero" anche in situazioni ove non sussista l'"esposizione zero" peraltro utopistica anche nell'ambiente di vita;
- i limiti, infine, come non proteggono ogni altra condizione di ipersuscettibilità, così non impediscono che soggetti predisposti vadano incontro a fenomeni di sensibilizzazione e a manifestazioni allergiche, né tanto meno proteggono il sensibilizzato dallo scatenamento di manifestazioni cliniche (asma ecc.).
In conclusione ripetiamo ancora una volta che la garanzia di protezione derivante dal rispetto delle concentrazioni massime tollerabili non raggiunge il 100% degli individui: la frazione esclusa è costituita da quei soggetti ipersuscettibili che il medico deve identificare.
Le concentrazioni massime tollerabili sono comunque un'importante guida nella pratica dell'igiene industriale e un preciso punto di riferimento contrattuale e giuridico.
L'Italia fa riferimeto ai TLV dell ACGIH, altri paesi europei, quali ad esempio la Germania, hanno adottato dei loro limiti di riferimento.
Si vanno oggi attuando in tutti i luoghi di lavoro iniziative atte a registrare costantemente la situazione ambientale per quel che riguarda tutti i fattori di rischio chimico e fisico su registri aggiornabili, definiti registri dei dati ambientali e su libretti personali per ciascun lavoratore che ne riportano e tengono aggiornata la storia relativa ai rischi professionali subiti e alle patologie riscontrate, definiti libretti personali sanitari e di rischio.
A completamento delle indagini effettuate sull'ambiente di lavoro, allo scopo di identificare ed esprimere quantitativamente la presenza e gli effetti biologici di sostanze tossiche nell'atmosfera, si è andata sviluppando tutta una serie di indagini rivolte a definire quali siano, per le sostanze di maggiore uso, i Valori Limite Biologici di soglia. Con questa definizione si intende il "livello di una sostanza tossica o di un suo prodotto di metabolismo, oppure di una componente organica dipendente dalla azione della sostanza considerata, che, dosata nel sangue o nell'urina o comunque in campioni biologici (aria espirata), sia ancora compatibile con un normale stato di salute". Ad esempio, per lavoratori esposti a piombo, oltre al dosaggio del piombo, come fumi o vapori nell'atmosfera dell'ambiente di lavoro, può essere assai indicativo, nel campo della medicina preventiva, il dosaggio del piombo nel sangue o del piombo eliminato con le urine, oppure la ricerca nelle urine o nel sangue di composti originati dall'azione del tossico sull'organismo. Analogamente, per lavoratori esposti a benzolo, è possibile controllare l'eliminazione urinaria di fenolo, originato dalla trasformazione metabolica del benzolo inalato, come indice reale della quantità di sostanza che è penetrata nell'organismo.L’utilità pratica delle concentrazioni massime biologiche è notevole in quanto queste costituiscono un indice globale di esposizione effettiva, sintetizzando in un unico dato la situazione derivante dall'ingresso del tossico nell'organismo per la via respiratoria, per la via digerente ed eventualmente per la via cutanea, e inoltre l'assorbimento complessivo del tossico in relazione agli spostamenti dell'individuo nell'ambiente di lavoro. Con il rilievo di dati biologici si valuta inoltre la risposta individuale alla sostanza in questione, quando vengono considerate certe componenti metaboliche.
In particolare i valori limite biologici di soglia tendono a misurare quella che si definisce dose interna dei tossici: questa è la dose realmente correlata con gli effetti biologici e può essere notevolmente diversa dalla dose assorbita in un certo periodo di tempo, essendo la risultante di diversi fattori che tendono ad aumentarla o diminuirla.
Gli indicatori della dose interna sono:
Indice di Esposizione: quantità di sostanza assorbita, indice correlato con i valori atmosferici |
Indice di Accumulo o Deposito: quantità di sostanza depositatasi a livello di siti specifici o alivello degli oragni maggiormnente vascolarizzati |
Indice di Dose biologica Effettiva o Dose Vera: quantità di sostanza legat al sito attivo |
Per valutare la dose interna si deve determinare la concentrazione ematica del tossico: oggi esistono metodiche di alta precisione per il dosaggio della dose interna soprattutto per i metalli e i solventi. Tali valori di dose interna si definiscono anche indici di assorbimento, in quanto riflettono la presenza del tossico nell'organismo, oppure indici di dose.
Quando si misurino invece indicatori derivanti dall'azione precoce del tossico, come ad esempio livelli di attività enzimatiche modificate dal tossico, o alterazioni della crasi ematica, o incrementi prodotti dal tossico di sostanze anche di norma presenti nell'organismo, si ottengono indici di effetto, cioè di intossicazione.
Le indagini rivolte alla definizione dei dati biologici sopra riportati sono indispensabili soprattutto per individuare le intossicazioni allo stadio preclinico, quando ancora mancano sintomatologie conclamate, e valgono di completamento ai controlli medici periodici. Queste indagini, tuttavia, presentano limitazioni che il medico deve ben conoscere per evitare conclusioni equivoche. In particolare vanno tenuti presenti i concetti seguenti in parte già accennati:
- il tempo trascorso dall'esposizione è importante specie per tossici a rapido metabolismò. Alcuni solventi e i loro metaboliti divengono non- dosabili entro poche ore dalla cessazione dell'esposizione (ad esempio toluene e xilene hanno un'emivita biologica corrispondente a 4-5 ore);
- l'accumulo nei depositi di tossici quali i metalli può essere responsabile di bassi livelli ematici e urinari (ad esempio la piombemia scende a valori vicini alla norma dopo qualche settimana dalla cessata esposizione al metallo che rimane tuttavia immagazzinato nei tessuti);
- la sensibilità dei metodi non è talora sufficientemente elevata; - condizioni non dipendenti dall'intossicazione possono condurre a risultati falsamente positivi (ad esempio incremento della protoporfirina IX eritrocitaria anche nelle anemie sideropeniche oltre che nell'intossicazione da piombo).
Sorveglianza sanitaria e monitoraggio biologico
Si definisce Monitoraggio Ambientale quella "sorveglianza sistematica e periodica degli agenti potenzialmente lesivi sull'ambiente di lavoro, al fine di valutare l'esposizione ed il rischio per la salute ad esso connesso, utilizzando limiti di riferimento"; mentre è definito Monitoraggio Biologico la "sorveglianza sistematica e periodica condotta al fine di valutare e misurare la presenza di sostanze o loro metaboliti nei liquidi biologici o nell'aria espirata, al fine di valutare l'esposizione ed il rischio ad esso connesso" (Dose interna ed Indici di effetto). La sorveglianza sanitaria per i lavoratori esposti a potenziali agenti di rischio è prevista dalla legge e consiste in:
Visite preventive
Si tratta di controlli preassunzione oppure prima del cambio di mansione, rivolti ad accertare l'idoneità al lavoro specifico. Il medico deve conoscere in maniera approfondita la mansione, o meglio i compiti che devono essere svolti per effettuare la mansione allo scopo di poter adeguatamente "mirare" l'accertamento sanitario. Scopo della visita preventiva è infatti quello di tutelare il lavoratore nei confronti di compiti verso i quali egli non sia idoneo e dai quali possano derivargli danni. IpersuscettibiIità a tossici e condizioni predisponenti a infortuni debbono essere ad esempio adeguatamente ricercate e documentate con conseguenti limitazioni della idoneità da parte del medico.
L'opera del medico in questa fase può essere talvolta assai delicata per le conseguenze pratiche legate a un giudizio di non idoneità: il rapporto medico/lavoratore deve essere sempre mantenuto secondo il massimo rigore deontologico, tenendo presente che i risultati dell'accertamento sono di proprietà dell'interessato e protetti dal segreto professionale. Al datore di lavoro vengono comunicate sempre soltanto le conclusioni in termini di idoneità incondizionata alla mansione, di idoneità con limitazioni, o di non idoneità.
Visite periodiche
Si tratta di controlli medici trimestrali, semestrali o annuali previsti dalla legge per ben definiti rischi, per valutare la permanenza dell'idoneità allo svolgimento della mansione, escludendo i soggetti portatori di situazioni patologiche causate dal lavoro oppure di origine non professionale tali da rendere necessario l'allontanamento temporaneo o definitivo dall'attività.
I controlli sanitari periodici non possono consistere unicamente nella visita medica, che deve essere integrata dalla ricerca degli indicatori biologici specifici per la mansione (indicatori di dose e/o di effetto specifici per tossici definiti). Lo studio degli indicatori di dose e/o di effetto mirati per il rischio specifico costituisce il monitoraggio biologico e permette diagnosi precoci di eccessiva esposizione o di danno preclinico, cioè in assenza di sintomatologia conclamata. Dati lievemente abnormi per un singolo individuo possono essere interpretati alla luce degli altri dati ottenuti nei soggetti che compongono il gruppo esposto allo stesso tipo di rischio professionale e utilizzati per orientare adeguatamente le misure di prevenzione ambientale (riduzione delle dispersioni atmosferiche, modifiche delle tecniche produttive) .
Nel monitoraggio biologico che, come riferito, consiste nella misura di idonei indicatori biologici in campioni organici prelevati sul lavoratore in periodi di tempo stabiliti, si fa riferimento a valori guida definiti Indici Biologici di Esposizione (abbreviato nella sigla IBE).
Gli IBE rappresentano i livelli degli indicatori che, con elevata probabilità, possono ritrovarsi in campioni prelevati da lavoratori sani esposti a livelli di concentrazione prossimi al TLV. Nella trattazione dei principali agenti tossici sistemici sono riportati i relativi indici biologici di esposizione.
Il lavoratore non può sottrarsi ai controlli sanitari periodici ai quali è legata la conferma della sua idoneità al lavoro: in caso di rifiuto il datore di lavoro è tenuto a opportune sollecitazioni e la persistenza del rifiuto rappresenta giusta causa per il licenziamento. Nel corso dell'esecuzione delle visite periodiche il medico aggiorna la documentazione sanitaria di ogni lavoratore, provvede alla certificazione e denuncia di eventuali malattie professionali e raccoglie tutti gli elementi atti a orientare tempestivamente le decisioni aziendali in tema di prevenzione.
Riferimenti legislativi
Indubbiamente, lo ammettono gli stessi Igienisti Americani, i TLV non possono costituire una linea netta di demarcazione tra livello di sicurezza e livello di pericolo.
Se prendiamo ad esempio l’acetone, che ha un TLV-TWA di 1188 mg/m³ (*), non potremmo ragionevolmente pensare che con una concentrazione di 1187 mg/m³ nell'ambiente di lavoro possiamo stare tranquilli, mentre con 1189 dobbiamo far scattare l’allarme: un milligrammo in più o in meno non può certamente determinare l'esistenza o l’assenza di un rischio per la salute!
Se infatti si definisse per legge che al di sopra del TLV c’è rischio, mentre al di sotto c’è sicurezza, negli ambienti di lavoro in cui si supera il livello di allarme ci si preoccuperebbe semplicemente di raggiungere la linea del TLV: si perderebbe, in questo modo, ogni possibilità di introdurre cambiamenti positivi che consentirebbero di migliorare ulteriormente le condizioni di lavoro.
Comunque i limiti americani costituiscono un indice (il migliore) da tenere in considerazione, se non altro come “soglia di attenzione” e come punto di partenza per la verifica delle condizioni dell’ambiente di lavoro, nell’ottica di un costante miglioramento della sicurezza dei lavoratori.